Non bisogna avere paura di chiamare le cose con il proprio nome. Il fronte del no ha perso, andando al li sotto delle più modeste e prudenziali aspettative. Come associazione abbiamo partecipato alla campagna di mobilitazione convinti innanzitutto che le moderne società di oggi hanno bisogno di più e non di meno partecipazione. Il referendum in questo senso è uno strumento di democrazia diretta previsto dalla Costituzione, un diritto riconosciuto che tutti e tutte possiamo esercitare e che abbiamo il dovere di fare vivere.  Per questo esprimiamo una viva preoccupazione per l’incapacità del referendum di raggiungere il quorum, di adempiere in buona sostanza al compito per cui è stato voluto. L’opportunità voluta dalla Costituzione per permettere su alcune materie fondamentali l’espressione diretta dei cittadini da troppo tempo non serve alla funzione per cui è stata pensata. L’appello all’antipolitica, al disimpegno, alla passività rappresenta un arretramento per la cultura e il progresso del Paese. Le ragioni del sì e dei no  ai quattro quesiti non possono essere ridimensionate e svilite alla  cultura della delega e della irresponsabilità.Se su questo tutte le autorità politiche, civili e religiose non riusciranno a trovare un punto di convergenza sarà la cultura complessiva del Paese a soffrirne, a prescindere dall’orientamento politico e dalle convinzioni etiche personali. E’ gravissimo che figure come il Presidente della Camera e del Senato non abbiano sentito il dovere di mettere il prestigio delle proprie cariche istituzionali a sostegno del senso civico, che già tanto soffre nel nostro Paese.