NON CI PIEGHEREMO ALLA PREPOTENZA DELLA GUERRA

20-03-2003


NON CI PIEGHEREMO ALLA PREPOTENZA DELLA GUERRA

Ecco, una nuova guerra è cominciata.

Un gruppo di governi isolati dalla comunità internazionale e agendo al di fuori delle istituzioni internazionalmente  riconosciute si è gettato in una sanguinosa avventura.
Quei governi hanno violato il diritto internazionale. Hanno colpito l’Onu.
Hanno violentato l’opinione pubblica.
Per i loro obiettivi di potere, denaro, supremazia,  non hanno esitato a falsificare i fatti, a dar vita a provvedimenti illiberali, ad avvelenare le relazioni tra gli Stati e tra i popoli.
Loro, i governanti italiani, sono  complici di tutto questo. Ma non noi, i governati.
Noi protestiamo e lavoriamo per la pace. Riaffermiamo la nostra solidarietà con i movimenti che si battono contro la guerra, in tutto il mondo. A  cominciare da quelli degli Stati Uniti e della Gran Bretagna.  E ribadiamo la nostra vicinanza alle popolazioni civili irachene, che dopo tanti tormenti passati - con l’embargo e la dittatura - devono affrontare questa drammatica prova. Sapremo loro offrire il nostro autonomo aiuto umanitario.
I governi che entrano in guerra portano la responsabilità della loro scelta devastante. Hanno voluto rigettare ogni opportunità - offerta da governi, da istituzioni come l’ Unione Europea, da Chiese - per una soluzione politica e pacifica.
Avendo perduto politicamente, si affidano alla fortuna delle armi. Si illudono pensando di convincere l’opinione pubblica con una vittoria militare. Otterranno invece una più matura e convinta opposizione.
Ora, il campo della pace ha il dovere di mostrare la massima determinazione.
Insieme, nel mondo, abbiamo ottenuto un lungo rinvio della guerra. Abbiamo svelato le menzogne su cui si fonda. Abbiamo dato una solida sponda all’azione dell’Onu. Abbiamo dato modo a molti governi di opporsi alla guerra. Abbiamo fermato il propagarsi di mentalità belliciste che potevano inquinare le nostre società.
Abbiamo aperto una grande questione democratica: tra cittadini di pace e governi di guerra.
In Italia, con il Forum Sociale Europeo, con la manifestazione del 15 febbraio, con le Bandiere della Pace, con innumerevoli iniziative nonviolente di pace e azioni pacifiche di ostacolo alla guerra, abbiamo insieme spostato forze e settori all’inizio non indisponibili ad assecondare l’avventura bellica. Il movimento per la pace ha avuto dalla sua parte le più grandi autorità morali del Paese.
Berlusconi aveva promesso di essere in prima fila con Bush. Ha dovuto ridurre ai minimi termini il suo coinvolgimento. Aveva detto che una guerra senza l’Onu sarebbe stata nefasta, e l’ha appoggiata. Con le sue confuse oscillazioni voleva nascondere una penosa subalternità che forse mai l’ Italia ha avuto. Non c’è riuscito.
Ma questo non lenisce l’amarezza: la guerra c’è.
Essa dà un colpo gravissimo a un’ idea—guida della civiltà: la guerra non deve essere la risoluzione delle controversie. Colpisce perciò la politica. Ma sarà la politica a rimediare a questo orrore. Una politica di pace incorporata nel processo di una globalizzazione dei diritti e della giustizia: quella che poggia sulle idee e i valori che convergono nel Forum Sociale Mondiale.
Con la guerra permanente, il futuro è impossibile. La lotta per la pace equivale  alla lotta per la vita.
L’opinione pubblica mondiale, hanno detto, è una grande potenza: contro la guerra.
Nessuna rassegnazione. Trasformiamo tutta l’Italia in un Campo di Pace. Portiamo ovunque  un segno contro la guerra: alle porte di case,  aziende,  scuole,  luoghi pubblici, strade.  Facciamo  ogni giorno un gesto di pace e di solidarietà, individuale e collettivo. Scioperiamo, manifestiamo.
Ci appelliamo al Presidente della Repubblica: tuteli il Paese dalle scelte sconsiderate di questo Governo. Ha il potere di farlo, applicando la Costituzione di cui Lei è il massimo garante.
I liberi cittadini non si piegheranno alla prepotenza della guerra. Faranno sentire la loro dignità.
Questo sforzo immenso, globale, sarà determinante anche per costruire istituzioni internazionali in grado di affermare la pace e i diritti: a cominciare dall’Onu. Un mondo nonviolento è possibile.
E’ questa la grande promessa. Oggi, nel nome di Rachel. We shall overcome.

 

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